Non tutte le plastiche possono essere stampate. Per sapere su quali supporti poter lavorare è bene conoscere le differenze che corrono tra queste e le proprietà legate alla loro composizione chimico/fisica. Queso è un estratto dal TAGA.DOC.20, la cui presentazione è prevista per il TAGA DAY 2021 (per registrarsi, compila il modulo a questo link) e il cui documento sarà disponibile a tutti i soci Taga.
A – Resine termoplastiche derivanti dai by-product generati nel corso della raffinazione del petrolio: etileniche, stireniche, tereftaliche, propileniche ecc.
Tutte le resine derivanti dalla raffinazione del petrolio sono state definite dal mondo ecologista “FRIENDLY”, resine amiche, perché, quando la loro funzione d’impiego è esaurita possono essere riciclate, e se vengono associate al rifiuto solido urbano (RSU), negli inceneritori bruciano producendo calore, quindi contribuiscono abbondantemente alla combustione dei rifiuti e non emettono gas nocivi.
B – Resine termoplastiche derivante dalla Elettrolisi del salgemma: in questo comparto troviamo solamente le resine viniliche (PVC).
Il PVC, che proviene dalla scissione (elettrolisi) del salgemma, contiene il 50% di derivati dal Cloro, conseguentemente è una resina autoestinguente. È l’unica resina, in tutto l’universo delle resine termoplastiche, che nasce autoestinguente e rimane autoestinguente indipendentemente dalle varie fasi di trasformazione.
IL PVC, come tutte le altre resine trattate è un termoplastico ed in quanto tale riciclabile. Ciononostante, è considerata “resina UNFRIENDLY” perché, se associata al rifiuto solido urbano e smaltita negli inceneritori, ha bisogno di un notevole apporto calorico per bruciare. C’è inoltre fondato sospetto di emissione di gas tossici.
C – Resine derivanti da biomasse con un buon livello di biodegradabilità.
Va subito precisato che in questo campo l’Italia è di gran lunga il paese con un livello di ricerca e di applicazione più avanzato al mondo. Va da sé che tutto la sforzo della ricerca primaria prima e della ricerca applicata ora è tutta rivolta al comparto del monouso e dell’imballaggio leggero (usa e getta).
Queste resine hanno ancora bisogno di molto tempo per maturare sia sul piano tecnico ed ancor più sul piano economico per poterle annoverare fra le resine idonee per la stampa offset. È nostro dovere tenerle sotto stretto controllo perché sicuramente rappresentano il futuro per il comparto offset (seppure oggettivamente ancora lontano e non esente dal subire importanti cambiamenti).
Al momento gli unici prodotti da tenere sotto costante monitoraggio sono l’Acido Polilattico. Il suo acronimo è PLA derivante dalla definizione inglese di Poly Lactil Acid. Ed il BIOMAT con resina Base Master-BI particolarmente utilizzato nello stampaggio ad iniezione e nella produzione di film sottili per imballaggio.